
Sono entrato nell’ultima stanza in fondo al corridoio con molta circospezione. La mia attenzione è stata attratta da tanti frammenti di storie – aventi un filo conduttore unico – che, come tanti tasselli, formano un mosaico ben definito. La storia di Bianca, pur rappresentata intercalando periodi e luoghi diversi, prende forma e delinea con immediatezza croste stratificate di sofferenza, che prendono corpo all’interno dell’ambiente verosimilmente più protetto: la famiglia. La lettura è scorsa veloce, come un fiume in piena, sbattendomi in faccia problemi di grande spessore: tra gli altri il ruolo del genitore. Ecco allora affiorare mille dubbi e come conseguenza naturale l’analisi su me stesso e la mia esperienza di genitore. Sicuramente non ci troviamo dinanzi a un trattato psicopedagogico, ma il modo diretto del racconto aiuta alla riflessione e – con precisione – mette in luce i danni incisi nell’animo di una fanciulla, che si riverbereranno per tutta la sua esistenza. La fanciulla, dai tratti gentili, urla nel silenzio il suo forte desiderio di essere amata. Incombono, allora, i dubbi sulla mia capacità di ascolto, di decodifica dei segnali che mi lanciano i miei figli . . . mille dubbi e poche risposte certe. L’autrice, sapientemente, fuga le mie angosce proponendo, in conclusione, la lettera di Paolo ai Corinzi (13,1-13): «l’amore è paziente, è benigno l’amore… non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira. . .».
recensione a cura di Domenico Blaiotta
http://24letture.ilsole24ore.com/2011/12/lultima-stanza-in-fondo-al-corridoio/#
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